Perché leggere: quali bisogni di storie
Perché leggere (sul web)?
Quali sono i motivi, i bisogni meglio ancora, che spingono a leggere un post? Perché leggere? Perché ascoltare una storia? Perché andare sul web per soddisfare questo bisogno? È una domanda che non ha una risposta definitiva: da tantissimo tempo ci si chiede qual è il motivo per cui siamo disposti a passare il nostro tempo nella lettura. Proviamo a affrontare questo tema alla luce del web, che ha moltiplicato le occasioni e i bisogni legati alla lettura.
Possiamo riassumere i bisogni di lettura in tre grandi categorie:
• Informarsi
• Conoscere
• Intrattenersi.
Il primo bisogno è semplice: leggo perché voglio sapere che film danno al cinema, quando parte il treno per Padova, che significa la parola “metonimia”. Qui c’è poco da dire: il web ha completamente eliminato enciclopedie e manuali: i motori di ricerca soddisfano in modo integrale e completo questo bisogno.
La conoscenza è un altro discorso, e se il bisogno è questo, se la risposta a “perché leggere” è conoscere, il tema si complica. Se infatti chi cerca il film di questa sera vuole anche leggere la recensione, se chi va a Padova vuol sapere cosa visitare e dove andare a cena appunto siamo in presenza di bisogni di conoscenza. Fornire conoscenza significa offrire informazioni attendibili e strutturate, organizzate in un pensiero coerente. Qui le scommesse sono altre: fornire non solo conoscenza meglio strutturata (e quindi capace di fornire chiavi di interpretazione, strumenti per decifrare il mondo), ma anche capace di attrarre, di intrigare, di divertire.
Ma per questo, le storie sono imbattibili: non c’è nulla di meglio di una storia per coinvolgere e emozionare. Il bisogno di immergersi in una storia (questo è il termine giusto “immergersi”), di immedesimarsi nella vicenda di qualcuno (l’eroe) è universale: non c’è nessuno che vi si possa sottrarre. E lo schema delle storie è prevedibile, risponde a modelli che si ripetono, e il piacere che proviamo in una storia è riconoscere una nuova versione della storia che già conosciamo.
Le storie sulla rete: il viaggio dell’eroe sul web
Sulla rete le cose sono ancora poco chiare, come tutto quello che c’è sulla rete. Le storie più credibili che fioriscono sulla rete hanno una componente popolare, sono prodotte dagli utenti, sia che siano prodotte in origine dal basso, sia che utilizzino la capacità di diffusione virale.
Le storie di maggior successo anche come viralità sono riprese da altri media, spesso, in una rincorsa tra media tradizionali e rete che può far scoppiare casi di successo clamorosi. Si pensi a Youtube, luogo ideale per produrre nuove storie o per diffondere spezzoni di storie tratte da altri media. Un caso sono, ad esempio, le storie di successo dei talent, che rispondono a uno schema ripetuto, e che vedono nella rete il luogo ideale di diffusione globale. Proviamo a vedere in che modo lo schema si ripete.
Lo schema di una storia, seguendo le indicazioni di un libro famoso e imperdibile per chi si occupa di queste cose, Il viaggio dell’eroe di Christopher Vogler, è più o meno questo:
• C’è una chiamata all’avventura che porta via dal mondo ordinario
• C’è l’incontro con il mentore
• Il superamento della prima soglia
• L’incontro con alleati e nemici
• La prova centrale
• La ricompensa.
Possiamo dire che il mondo ordinario è per chiunque partecipi a un talent è quello in cui si vive, quello in cui si è nessuno, non si ha diritto agli onori della visibilità sui media. Il mentore – l’aiutante saggio – è lo stesso talent. Non a caso quando un concorrente viene presentato, la sua vita ordinaria viene mostrata e deve assomigliare a quello di chiunque ascolti il programma. Un personaggio ordinario vive una vita ordinaria e ha una chiamata che lo può salvare. Il mentore gli indica la strada: il programma televisivo è la soluzione. Se il concorrente è particolarmente debole o ordinario, o meglio ancora ridicolo o fuori gioco, perché privo delle caratteristiche base per riuscire, il gioco è perfetto. Con questo schema sono costruite molte storie di successo, dalla nostra Suor Cristina, alla britannica Susan Boyle, personaggi improbabili, che però riescono alla grande grazie al proprio talento (la voce, strumento magico secondo lo schema di Vogler).
Un esempio: la piccola Amira
Vediamo uno di questi casi, quello della bambina olandese Amira Willighagen. la registrazione della prima puntata della star ha totalizzato quasi 12 milioni di visualizzazioni.
Ebbene le premesse sono quelle indicate: il nostro Eroe è la piccola novenne (sì, avete capito bene, 9 anni), che viene intervistata dal conduttore, chiaramente il nemico, che tenta di ridicolizzarla e di spaventarla. (Al suo fianco un giudice donna è già intenerita, si vede: sarà l’alleato?) specialmente quando la piccola rivela di aver scelto un brano lirico. Incredulità tra il pubblico e tra i giurati, sempre più perplessi: si immaginavano qualcosa di simile allo Zecchino d’Oro (ce ne sarà uno anche in Olanda, ovviamente), e si trovano un’erede di Maria Callas. Ma le risate finiscono quando si scopre che il dono della bimba, il suo strumento magico, è straordinario: lei canta benissimo e con una voce di grande potenza.
A questo punto il pubblico si anima, la giuria si commuove, i genitori si compiacciono. La prova centrale è superata e la piccola, diventata il nostro Eroe, si avvia al successo. Che arriverà, puntuale, con dischi venduti in quantità, e con visualizzazioni che crescono, crescono. E noi, che abbiamo ascoltato la storia gratificante e uguale alle mille che conosciamo e che amiamo (Cenerentola, Bilbo Baggins, Indiana Jones) possiamo credere che quando verrà il nostro turno saremo capaci di superare la soglia, di sconfiggere i nemici, di ottenere il premio.
Nella rete è così, come lo era nelle caverne. Delle differenze abbiamo accennato (la storia dal basso, la viralità, il rapporto con i media), ma dovremo tornarci.
PS: Abbiamo iniziato parlando di lettura, del perché si legge, invece poi abbiamo fatto l’esempio di un video. Sulla rete questo non conta, la rete è un mix di tutto ed è difficile immaginare differenze tra lettura, ascolto e visione. È la storia invece che è sempre la stessa e bisogna imparare a usarla bene.